La malattia, la sofferenza e la nostra presenza. Strategie di osservazione del mondo malato in La giornata d’uno scrutatore di Calvino
La malattia, la sofferenza e la nostra presenza. Strategie di osservazione del mondo malato in La giornata d’uno scrutatore di Calvino
di Gianluca Cannillo
L’opera La giornata
d’uno scrutatore, scritta da Calvino fra il 1953 e il 1963, rappresenta una
tormentata silloge dei fatti politici e civili avvenuti nel corso di 10 anni
nell’Italia dello scontro fra il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana.
Il travaglio intellettuale di Calvino e la questione sovietica in Ungheria del
’56, che lo porterà a rifiutare la tessera del PCI, si concretizzano in un
racconto sospeso nel tempo per la profondità delle istanze proposte, ma allo
stesso tempo calato vivamente nel reale mettendo in evidenza la perdita del
ruolo dell’impegno dell’intellettuale militante del secondo dopoguerra.
La trama è alquanto
semplice: Amerigo Ormea, nome denso che riconduce all’universo degli
esploratori (Amerigo) e alla sfera dell’Amore (Ormea è anagramma di ‘Amore’),
si presenta - in quanto esploratore e in quanto personaggio tipicamente
calviniano - come un occhio, uno sguardo, un punto di vista. Amerigo è
l’intellettuale comunista che si ritrova a svolgere il ruolo di scrutatore per
le elezioni del ’53 nell’istituto Cottolengo di Torino: è uno sguardo che si
muove nei meandri del sanatorio piemontese, che si lascia incantare dalle forme
ibride uomo-animale dei pazienti del Cottolengo, è il punto di vista polemico nei
confronti dei politici della DC che cercano di ottenere consensi facendo
votare, per l’appunto, i degenti del sanatorio.
La questione, dunque, si
condensa nel senso della libertà e della partecipazione politica alla vita
comune di chi, come i degenti nelle condizioni più gravi, risulta non essere in
grado di intendere e di volere. Da una parte, quindi, Ormea e altri colleghi
che cercano di vietare lo scempio della votazione dei pazienti per mano di
terzi; dall’altra, i membri del sanatorio e gli operatori della casa di cura
che si dimostrano ben intenzionati a far esprimere un minimo senso di
partecipazione civica ai malati. Chi abbia ragione è difficile da deciderlo, ma
di fatto quello che Ormea e i suoi cercano di perseverare è il concetto di
dignità nell’alterità: il sofferente esiste come altro da me e va considerato
in quanto individuo degno di essere rispettato, con le proprie scelte e con le
proprie aspirazioni.
Ma di fronte agli «uomini-pesci»,
quelli presenti nelle ali più recondite del Cottolengo, non esiste scelta altra
che possa avere la meglio: la svolta di Ormea, il luogo in cui lo sguardo di Amerigo
si fa tutto amore, avviene nel momento in cui osserva il rapporto fra figlio
degente e padre amorevole. I due, di domenica mattina, si scambiano il gesto
politico più interessante del mondo: l’amore reciproco. Davanti alla
possibilità di definire il limite dell’azione umana, Ormea-Calvino arriva ad
una conclusione: «l’umano arriva dove arriva l’amore; non ha confini se non
quelli che gli diamo» (I. Calvino, La giornata d’uno scrutatore,
Mondadori, 2019, p.68).
Si apre dunque la
prospettiva più interessante di questo Calvino: immaginare e ipotizzare una
società, utopica o meno (cfr. Le città invisibili), in cui i sofferenti,
i malati, i degenti e gli ultimi tutti siano accolti, amati e trattati con la
dignità degna di un qualsiasi essere umano. Ma forse questa società esiste già,
forse è una piccola città, forse è proprio la Cittadella della Divina
Provvidenza del Cottolengo.
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